Focus sui servizi turistici in città. Parte 1

Museo Diocesano, troppi 3 euro per 2.500 pezzi d’arte?

Annarita Cariello
Annarita Cariello
Museo Diocesano
Museo Diocesano ©BitontoLive.it
Intervista alle responsabili della cooperativa ReArtù, che gestisce l’accoglienza e le visite anche agli scavi archeologici della Cattedrale
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Museo Diocesano ©BitontoLive.it
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È di qualche settimana fa la polemica, lanciata sui social e sui media locali, sull’assenza cronica di servizi turistici in città, a seguito della mancata accoglienza ad un gruppo di visitatori in Cattedrale, sorpresi e delusi per la carenza di informazioni, guide e personale in grado di illustrare i monumenti della città.

Discussione poi riproposta sui social dall’ex assessore al marketing territoriale Rino Mangini che, in un decalogo, ha messo qualche puntino sulle i dopo i dieci anni spesi nello sforzo, in parte riuscito, di promuovere Bitonto anche a livello nazionale ed internazionale. Mangini ammetteva che la città è attualmente priva di un info point turistico, anche a causa dei lavori di restauro della sua sede storica, il Torrione Angioino, vulnus importante nel servizio di accoglienza e informazione ai turisti, organizzati o occasionali, che arrivano in città. Tuttavia l’ex assessore spiegava che i siti visitabili – ad esclusione di quelli comunali gestiti direttamente dall’amministrazione (Torrione, biblioteca e teatro Traetta) – non possono avere orari e servizi imposti o pagati dal Comune. Parliamo, in primis, della Cattedrale, che di fatto – come tutte le altre in Italia – non può essere visitabile 24 ore al giorno, e degli scavi archeologici sottostanti gestiti in esclusiva dalla cooperativa ReArtù da oltre otto anni,  previa prenotazione e a pagamento.

Mangini precisava anche che le professioniste della cooperativa non percepiscono stipendio per il loro servizio di accoglienza, ma solo una percentuale irrisoria del ticket d’ingresso agli scavi (il 20% dei 3 euro del biglietto) e sulle visite guidate eventualmente richieste dai turisti, rendendo di fatto impossibile la loro presenza in loco tutti i giorni e in tutte le fasce orarie. Infine, Mangini rimarcava la necessità di consentire ai professionisti del turismo di svolgere il proprio lavoro (ci sono tre cooperative che si occupano di servizi culturali e turistici in città) che non può essere inteso come un hobby alla portata di tutti ma come un servizio qualificato che va pagato come merita. Auspicava anche che venissero richieste competenze certificate da un percorso di studi e da un patentino rilasciato, previo esame, dalla Regione Puglia.

Per approfondire la questione abbiamo intervistato Marilisa Rienzo, Ilaria Lavacca e Marika Anilli della cooperativa ReArtù, attiva da nove anni sul territorio nel settore culturale e turistico, a cui è affidata la gestione del Museo Diocesano, degli scavi archeologici e della Chiesa di San Francesco d’Assisi (detto della Scarpa).

Il Museo Diocesano, che si trova in posizione decentrata rispetto al cuore antico della città, non gode purtroppo di particolare interessa da parte dei turisti e degli stessi bitontini. Il museo – spiegano le responsabili di ReArtù – su richiesta della Cei, all’inizio della sua attività era aperto per tre/quattro giorni a settimana, con orari affissi all’esterno. Consuetudine che, con il tempo e a causa principalmente della pandemia, è cambiata e attualmente il sito è visitabile solo previa prenotazione.

Per quanto riguarda l’informazione relativa al museo (oggetto di polemiche e lamentele), le operatrici culturali della cooperativa precisano che, sul sito dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto, esiste una sezione dedicata al Diocesano di Bitonto, ma con orari non aggiornati. Stesso problema anche su Google, primo motore di ricerca per qualsiasi turista occasionale, che relativamente al museo riporta giorni e orari non aggiornati, senza che la cooperativa possa modificarli. Solo la pagina facebook del Museo Diocesano, l’unica gestita direttamente da ReArtù, riporta informazioni corrette e contatti telefonici aggiornati.

Insieme a Marilisa, Ilaria e Marika abbiamo ripercorso gli ultimi tre anni del sito: nel 2020 è stato aperto per due mesi e poi chiuso per tutto il periodo del lockdown, senza alcun introito per poter far fronte alle spese vive di gestione e alla remunerazione delle responsabili della cooperativa. A luglio e agosto 2020 sono state organizzate delle giornate di apertura straordinaria, con visite gratuite ad opera della cooperativa e ticket d’ingresso di soli 3 euro, ma l’affluenza è stata scarsa o nulla nonostante la presenza e l’aiuto delle tirocinanti universitarie. Altri eventi nel 2020 di rilievo, come la mostra d’arte dedicata al pittore Francesco Speranza con quattro giornate di apertura delle sale museali, si sono rivelati un buco nell’acqua perché anche in quell’occasione l’affluenza di bitontini e forestieri è stata circoscritta all’evento espositivo, senza alcun interesse per il museo che restava visitabile a pagamento.

Nel secondo lockdown il Diocesano è stato chiuso fino al luglio 2021, con aperture straordinarie anche nelle ore serali grazie alla disponibilità delle volontarie  e accessibilità in giorni e orari variegati, proprio per andare incontro ad esigenze particolari, senza tuttavia alcun riscontro di visite. Ancora: nel 2021 sono state effettuate dieci giornate di aperture straordinarie, con visite guidate gratuite offerte da professioniste del settore, ma a causa del ticket d’ingresso è mancata la presenza di visitatori. Gli introiti della cooperativa che gestisce l’accoglienza al museo – parliamo di meno del 50% dei 3 euro del biglietto d’ingresso (l’altro 50% è assorbito dalle tasse statali) – non possono dipendere dunque esclusivamente dagli ingressi a pagamento al museo, attualmente visitabile solo previa prenotazione.

I maggiori incassi dell’Ente Museo Diocesano sono dipesi, quindi, necessariamente dalla locazione del sito per eventi esterni (mostre, presentazioni di libri, eventi, spettacoli teatrali) con l’intento di rendere accessibile il museo a quante più persone possibili, attirate da eventi di richiamo, per poterne mostrare bellezze e tesori che devono essere visitate a pagamento, come avviene in tutti i musei diocesani d’Italia.

Tirando le somme, nonostante la buona volontà delle operatrici della cooperativa ReArtù di tenere aperto il museo, prima della pandemia, in determinati giorni e fasce orarie – sempre pubblicate e visionabili all’esterno – in modo da incentivare l’affluenza, l’interesse da parte dei bitontini in primis e dei turisti si è rivelato pari a zero, anche a causa della posizione decentrata del sito e dell’assenza totale di servizi nelle vicinanze.

Le responsabili di ReArtù lamentano anche mancanza di sinergia tra gli operatori dei servizi turistici cittadini e gli enti locali che, anche attraverso la pubblicità sui propri canali di comunicazione e attraverso eventi organizzati, avrebbero potuto dare impulso maggiore ad un sito purtroppo sconosciuto e sottovalutato.

Per quanto incredibile, a scoraggiare l’affluenza di visitatori e turisti sarebbero i 3 euro del ticket d’ingresso alle sale museali. Tre euro a persona, per poter ammirare da vicino le numerose opere di devozione popolare raccolte dal 1986 dagli arcivescovi Magrassi e Cacucci sulla scia di monsignor Marena, che raccontano la storia della Diocesi e della devozione bitontina dalle sue origini, partendo dall’epoca bizantina, passando per l’età romanica e fino ai nostri giorni, con opere di illustri artisti bitontini come Carlo Rosa.

Se l’apertura del museo in determinate fasce e giorni non è bastata per attirare turisti e visitatori (pur con ampia disponibilità della cooperativa ad aprire le sale anche in altri giorni e orari, previa prenotazione), se nemmeno le aperture straordinarie serali con visite guidate gratuite sono servite a calamitare ospiti esterni, se neanche gli eventi esterni e le attività didattico laboratoriali con scuole di ogni ordine e grado sono riusciti a mettere a frutto le grandi potenzialità del museo, qual è il vero motivo del suo “fallimento turistico”? Davvero 3 euro sono troppi per visitare le 16 sale del Diocesano più grande del Mezzogiorno, che ospita oltre 2.500 pezzi d’arte e si articola su due livelli, ed è impreziosito da un giardino pensile?

Quale futuro, allora, per il museo? Per le responsabili di ReArtù «sarà possibile solo con una maggiore inclusione del sito nella promozione turistica della città, nell’ipotesi d’mmaginare un biglietto unico che possa unire Museo Diocesano e scavi archeologici della Cattedrale, con pubblicità più diffusa anche da parte degli enti locali e maggiore collaborazione con le altre associazioni del territorio, le strutture ricettive (prive di qualsiasi supporto all’informazione turistica) e gli stessi cittadini, primi promotori della città».

 

FINE PARTE 1. Domani la seconda, dedicata agli scavi archeologici della Cattedrale

domenica 31 Luglio 2022

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LA SOCIETà CHE VUOI
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1 anno fa

Magrassi e Cacucci?
soltanto il compianto presule Mgr Marena ha ideato e poi concretizzato ciò che oggi è il “più grande museo diocesano del Mezzogiorno”. Una soltanto: Mgr Marena dopo aver letto la cronotassi vescovile bitontina in cui è annoverato come vescovo di Bitonto il futuro papa Clemente VII a proprie spese acquistò la Pianeta recante lo stemma della famiglia Medici.