Cronaca

Iryna: «In guerra nessuno ha ragione» (parte 2)

Mariella Vitucci
Iryna Vuzhyk
La volontaria, referente Anas in Ucraina, gestisce ogni giorno i convogli umanitari alla frontiera con la Polonia
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PARTE 2 (qui la prima

Iryna aveva chiesto un’aspettativa di sei mesi per poter assistere sua madre, che intanto si è ripresa (lei dice «per lo choc») ma la guerra ha sospeso la sua vita, come quella dell’intero popolo ucraino. Il suo impegno di volontaria, sotto la protezione del sindaco di Leopoli, è incessante. Dall’Italia arrivano anche autoambulanze per il trasporto di persone malate e fragili. Il cellulare di Iryna squilla di continuo, anche di notte, perché quando sei in pericolo non stai a guardare l’orologio. «Ho sempre aiutato chi ha bisogno, ma questa è la mia prima esperienza di volontariato. È diventato il mio lavoro gratuito», confessa.

Tutto è cominciato all’inizio della guerra – continua – quando lei e un’amica psicologa ucraina, anche lei residente in Italia, si sono mobilitate per portare in salvo i familiari e le persone care. L’Anas mise a disposizione un pullman da cento posti e ne rimasero alcuni liberi, così Iri diffuse un annuncio sulla disponibilità di un trasporto sicuro gratuito in Italia e fu sommersa di telefonate e richieste d’aiuto. Poi è diventata un’attività costante e più strutturata: nel centro profughi a Leopoli arrivano persone da ogni parte dell’Ucraina, che hanno bisogno di un posto sicuro dove andare. Si stila un elenco con nomi e cognomi, data e luogo di nascita, numero di passaporto e luogo di destinazione.

«Ci vediamo alla frontiera – racconta Iri – e aspettiamo che arrivi il capogruppo responsabile del viaggio verso l’Italia. Ricevo tanti ringraziamenti e abbracci ma ci sono anche problemi da risolvere, decisioni da prendere in fretta. Serve lucidità e fermezza».

Poi si commuove parlando dei profughi, delle donne che partono con i figli e a volte i genitori, senza marito rimasto in patria a combattere, con uno zaino o poco più al seguito. «Nei loro volti – dice – c’è una tristezza incurabile. Soprattutto negli occhi delle madri vedo la disperazione. Quando escono dalla frontiera camminano in silenzio, stringendo a sé i loro bambini per proteggerli»

Iryna ha convertito la paura e la rabbia in una forza quasi disumana. «Altrimenti mi distruggono. Ancora non riesco a credere a quello che sta succedendo. Vedo tanta disperazione e mi sento privilegiata – confessa – perché ho molti amici che mi chiamano per sapere come sto e che mi fanno arrivare il loro aiuto. Mi sento privilegiata perché sono nella condizione di poter scegliere ed ho i mezzi per vivere. Mentre le persone che arrivano alla frontiera hanno perso tutto e sono costrette a fuggire. Loro non hanno scelta».

Poi commenta la grande generosità degli italiani: «Sto conoscendo tante persone perbene e pulite, persone con cui ho stretto legami che neppure la guerra può distruggere. Come Luigi Presicce, che ha messo a disposizione la casa di una sua cugina a Nardò, dove andranno a vivere una mamma con i suoi bambini e un cane. È un altruismo che mi lascia ogni volta senza parole».

Non è incrollabile, Iryna. Confessa momenti di smarrimento e di grande stanchezza, sotto il peso di una responsabilità immane. Ed anche di commozione, come di fronte ad una famiglia rimasta per dieci giorni senz’acqua, luce e gas, prima di prendere la decisione di scappare. «Non avevano soldi e abbiamo fatto una colletta per pagare il loro viaggio in treno – racconta – dopo che avevano camminato per più di due ore: una nonna di 76 anni, sua figlia e due ragazzini di 12 anni e 9 anni. Li ho presi alla stazione centrale, erano affamati ma talmente stremati da non riuscire a mandare giù né cibo né acqua. Li ho accompagnati alla frontiera e, prima che partissero per Trento, dove li aspettava una nuova casa, ho regalato loro cinque litri di acqua. Ma hanno voluto tenerne solo tre, gli altri due li hanno regalati. Questa cosa mi ha commosso, anzi mi ha scosso».

Iri è una “cittadina”, cresciuta in una famiglia agiata di Leopoli. È una donna forte e coraggiosa che ha deciso di mettere in gioco la vita per aiutare la sua gente. «Quando finirà questo incubo non lo so – confessa – ma sono stanca di vedere tanta distruzione, tanto dolore. Sono sempre stata fuori dalla politica, in guerra nessuno ha ragione, so solo che bisogna aiutare le persone. Ci sono molti miei amici russi che vivono in Italia e che mi stanno dando aiuto. Nella prossima missione porterò al confine un uomo russo, padre di una mia amica, naturalmente con il permesso dell’amministrazione militare. I miei familiari non l’hanno presa bene, ma è una persona malata e anziana che ha bisogno di aiuto, e io non guardo la nazionalità se devo aiutare qualcuno. Non divido le persone per religione o provenienza, per me ci sono solo persone buone o cattive, intelligenti o stupide.

«Una mia amica russa che vive in Sardegna – racconta Iri – mi chiamò una settimana prima dell’inizio della guerra, implorandomi di scappare. I suoi parenti, che fanno parte dell’amministrazione militare russa, sapevano che le operazioni militari erano imminenti. Ma io ho scelto di rimanere a Leopoli. Ed ogni mattina aspetto di risvegliarmi da questo incubo».

martedì 12 Aprile 2022

(modifica il 4 Luglio 2022, 16:43)

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