Calcio

Dall’infortunio al rapporto con i grandi campioni del calcio: la storia di Daniele Verriello

Danilo Cappiello
Daniele Verriello con Rui Costa e Seedorf
Libero nell'allora Torrione Bitonto, dopo un infortunio è divenuto bodyguard dei calciatori più famosi del mondo
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Crack, si gira.

La cinepresa che proietta le immagini della storia che andiamo a raccontarvi è insolitamente una caviglia ribelle che, vestita da destino ingrato, decide di metter fine ai sogni dell’allora adolescente Daniele Verriello, nello stesso posto in cui quel sogno avrebbe potuto compiere la propria realizzazione.

Siamo al calar degli anni ottanta ed il calcio non è altro che una passione tricolore che tiene incollati davanti alla televisione ed alle radioline migliaia di telespettatori con “Novantesimo minuto” e con le radiocronache degli immensi Ciotti e Ameri. I ragazzi di provincia calcano i campi in terra battuta intrisi di fango, sangue e talento, bramano per i vari Scirea, Baresi, Bruno Conti e Zenga e sognano di vivere l’atmosfera delle grandi notti d’Europa.

Fra quei ragazzi, Daniele. Maglia numero 4 dello storico Torrione Bitonto ad abbracciarne le spalle, mostrava infinta classe e maestria nel saper guidare l’intero reparto difensivo, vestendo i panni di quel ruolo bello ed affascinante ed oggi purtroppo scomparso, come il libero quando, intento nel marcare il proprio attaccante di competenza, in un contrasto di gioco in quel di Polignano, sente la caviglia ruotare in maniera innaturale.

«Ricordo ancora oggi in sequenza, io che tento l’intervento sulla sfera, il contrasto con l’attaccante che veniva di fronte a me, e la caviglia che si torse in maniera innaturale. Ai tempi, il calcio non includeva le figure del medico sociale o del fisioterapista. Mi recai in ospedale e mi fu ingessato il piede. Quando credetti di essere guarito e di poter tornare a calcare i campi di gioco però la caviglia continuava a gonfiarsi sempre più. Così, dopo essermi recato da uno specialista, la diagnosi fu tanto chiara, quanto crudele: o smettevo di giocare a calcio, o non avrei mai più camminato in maniera naturale. Fu dura come cosa da accettare quando si hanno solo ventun anni, ma dovetti dire addio al mio sogno di fare il calciatore. Non ero pronto affatto però a dire addio al mondo del calcio e, da grande appassionato di chi il calcio lo raccontava, decisi di entrare a fare parte di quel mondo».

Raccontare il calcio.

Seguire le orme di chi ha tenuto compagnia e fatto innamorare tutti gli italiani armati di passione, penna, microfono, carta e gettoni telefonici, in un meraviglioso e rimpianto spaccato del Belpaese.

«Tramite alcune amicizie o anche semplici conoscenze mi avvicinai all’allora esistente “Radio Ulivo” approfittando del loro interesse nel voler inserire all’interno della propria programmazione anche un’appendice sportiva. Sono stati sei anni stupendi della mia vita. La domenica seguivano live dai campi le gesta dei neroverdi del Bitonto, intervenendo in diretta durante la trasmissione. Il lunedì seguente poi dedicavamo un ampio spazio a tutti i campionati dalla A fino al dilettantismo e mandavamo in onda anche le interviste che effettuavamo nei vari post gara negli spogliatoi. Poi però, come spesso accade, ci si accorge di diventare grandi in un mondo in cui si vorrebbe rimanere per sempre piccoli, così, complice il fallimento di quella radio, decisi fosse giunto il momento di andare a lavorare. Pensavo sarebbe stata la parola fine fra me ed il mondo del calcio e invece fu il biglietto di sola andata verso un meraviglioso viaggio nel calcio che tutti quanti noi appassionati sogniamo».

Eccolo lì dunque il calcio che conta e tutti i suoi interpreti che ne hanno dato vita. Quell’insieme di nomi, maglie, bandiere e carriere che anche solo nel nominarle mettono sempre e comunque i brividi.

«Dopo un lungo girovagare, riesco a trovare lavoro come bodyguard presso lo stadio “Giuseppe Meazza” di Miliano. Non vi sto qui a dire che è stata l’esperienza lavorativa più bella della mia vita. Sono stato a contatto coi più grandi giocatori di tutti i tempi ed ancora oggi faccio fatica a credere sia successo per davvero. Per questo, voglio raccontarvi alcuni aneddoti caratteriali degli uomini che si nascondevano dietro i campioni che tutti quanti osserviamo in tv.

Posso raccontarvi di un mostro sacro come Roberto Baggio, persona schiva e riservata che non si sottraeva mai a nessuno dei suoi fans. Non gli ho mai sentito dire di no ad un suo ammiratore per una foto o un autografo.

Posso raccontarvi di Alessandro Del Piero, anch’egli schivo, ma allo stesso tempo un ragazzo umile, disponibile e sempre con la battuta pronta.

Posso dirvi di gente come Ferrara e Gattuso, due persone davvero alla mano e dotate di una simpatia straordinaria, così come Francesco Totti, persona davvero brava e disponibile.

Infine posso raccontarvi di un signore per eccellenza qual è stato Paolo Maldini. Un uomo d’altri tempi. Un uomo dalla classe assoluta.

Vivere a stretto contatto con quei campioni ha fatto sì che per certi versi mi sentissi uno di loro. Con alcuni infatti eravamo anche abituati nello scambiarci vari riti scaramantici prima di ogni gara. Vivere le partite di li, da quella prospettiva, è stato davvero emozionante. Ma la cosa ancor più emozionante è stato vedere come campioni affermati ed idolatrati in tutto il mondo, rispettavano noi semplici lavoratori al loro servizio. È quello il ricordo più bello che mi porto di loro. È stato come un meraviglioso giro di giostra».

Uno straordinario giro di giostra che di tanto in tanto porta Daniele Verriello a girovagare con la mente.

«Sognavo di fare il calciatore e di calcare i campi più importanti d’Italia assieme ai suoi campioni e, anche se in maniera del tutto imprevedibile anni ed anni addietro, posso dire di avercela fatta. Credo che ognuno di noi abbia il proprio destino ed il mio, dopo essere stato così cruento da adolescente, ha saputo rifarsi alla grande in età matura. Infine, come sempre quando si raccontano cose belle, vi annuncio che a breve vi parlerò anche dell’atto primo di tutta questa storia: i miei primi passi da calciatore, in quella che ai tempi era una stupenda fucina di talenti: il Torrione Bitonto. Ma questa è un’altra storia…».

sabato 30 Maggio 2020

(modifica il 28 Giugno 2022, 15:34)

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