Cultura

Il rischio della storia in mano al potere

Marino Pagano
Protesta a Palese in difesa del sito archeologico
Sdegno per il Neolitico insabbiato a Palese
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Mai lasciare la storia in mano al potere (no, non siamo diventati improvvisamente anarcoidi. Semplicemente, termine e concetto rendono).

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Il potere nei confronti della storia costruisce sempre un bivio. Due strade, entrambe nefaste.

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Una, quella della speculazione d'una storiografia dell'orpello, barocca e pretenziosa: abbiamo la storia migliore, siamo unici e inimitabili, guai a chi ci tocca, guardate quanto eravamo tosti. Questa strada, la storia proprio insegna, è pericolosa perché sovraespone una ordinarietà nazionale a superfetazioni ingenue da misticismo nativista, superomistiche trasformazioni dell'io di massa, con tanto di annesso a livello di psicologia delle folle e compagnia bella.

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E proprio un certo Friedrich Wilhelm Nietzsche ha scritto su questo parole illuminanti più di una folgorante giornata di sole ("Sull'utilità e il danno della storia per la vita").

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La seconda strada è quella del potere dimentico. Del potere che cioè trova il senso più transeunte della sua biografia nella sua stessa non scongiurabile consunzione. Distruggo, dunque sono. Spazzo via, dunque m'illudo di esistere. E invece muoio. Perché un potere che attenta alla dinamica comunitaria storica finirà per implodere. Ed è soprattutto un potere senza respiro perché affannato solo alla conservazione e alla tutela di sé e senza "il" respiro di valicare la propria generazione.

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Due strade, dunque, pericolose. Il troppo che si glorifica, piedistalli discutibili innalzando; il nulla spirituale e culturale che tutto abbatte e nulla ama delle generazioni ai primordi.

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Quest'ultimo, insomma, è un potere-ruspa che falcia, struggendo gli animi di chi tenta invece di riannodare i fili della storia. Un potere che attacca proprio le origini. I passi comuni, diremmo. Un potere che non è solo istituzionale, politico, "civile": un potere subdolo, economico (ma in insulto all'economia vera, che è un pensiero), sotterraneo. Potere dell'anomia delle coscienze.

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Ruspa, abbiam detto su. Parola chiave e non fuori luogo, ché di quello stiamo parlando.

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Accade a Palese, dove in un territorio ancestralmente afferente anche a quello di Bitonto, un potenziale sito di estrema rilevanza archeologica e storica, testimonianza del Neolitico delle nostre antiche terre, si elevano villette e si annientano le immense possibilità di un'area di alto interesse. Un interesse che non può apparire certo campato in aria, ma testimoniato da tanti studi dell'Ateneo di Bari. Siamo nella zona immediatamente vicina al porto palesino. Non interveniamo in questioni che non ci competono (costruttori, aziende, interessi), ma cittadini siamo e a quest'impegno non intendiamo rinunciare.

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Qualche domanda sulle autorizzazioni a costruire non possiamo non farcela e lasciamo immaginare al lettore che una qualche “disattenzione” ci sarà stata, da parte degli organi preposti (Soprintendenza?) al controllo. La pensano così tanti palesini, baresi, bitontini.

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Cittadini, appunto, che, carte e libri alla mano, le hanno provate tutte.

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Lettere alla Soprintendenza stessa, al Comune di Bari, alla Città Metropolitana.

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Un nome su tutti: l'architetto Eugenio Lombardi, coltissimo e valentissimo professionista barese, formazione in Finlandia, un'autorità nel segno anche della dimensione civica, rappresentante dell'Ecomuseo Urbano del Nord Barese.

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Non si contano le sue battaglie in difesa dei nostri manufatti storico artistici. Ebbene, anche sul caso, tanto il nostro si è speso ed esposto. Raccolta firme, manifestazioni, eventi, campagne di sensibilizzazione. Risultato? I lavori sarebbero davvero imminenti. E così, una coltre di cemento e silenzio si abbatterà su migliaia di anni di storia.

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Ripetiamo: stiamo parlando di zona il cui rilievo è acclarato, eppure partiranno ormai a brevissimo le operazioni. Quale risposta nel tempo da parte della Soprintendenza?

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«A dir poco evasiva» ha sempre sostenuto l'architetto, autore, come si diceva, di più missive all'ente. Del resto, quel segmento importante di villaggio e insediamento neolitico, tra l'altro abbastanza integro, era emerso dagli scavi già da tempo e nei fatti, già ora, non esiste più.

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Era parte di una grande area che coinvolgeva la zona, tra l'attuale chiesa di Stella Maris e l'ex lido Poseidon. Il Neolitico, già. L’epoca in cui l’uomo, secondo gli storici, più viveva in armonia con l’ecosistema, nutrendosi con semplice cura e agendo senza particolari attrazioni speculative. Appunto. E la politica in concreto che fa? Se non distrugge direttamente, certo è silente, inefficiente, indifferente.

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L'amarezza è quella di una battaglia persa. Staremo a vedere.

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giovedì 23 Febbraio 2017

(modifica il 29 Giugno 2022, 0:16)

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