Cultura

L’ispirato tentativo di verità di Piergiorgio Meola

Marino Pagano
Piergiorgio Meola
A breve nelle librerie "Orbis Onirika", il primo libro del giovane artista e regista teatrale bitontino
scrivi un commento 13

Sta per arrivare nelle librerie la prima fatica editoriale di Piergiorgio Meola, giovane artista bitontino, regista teatrale, appassionato ideatore di spettacoli, in più artista e pittore vero e proprio, con all’attivo già mostre di valore.

Il libro, che vedrà la luce a metà ottobre, è già disponibile in e-book sulle piattaforme digitali Amazon, Feltrinelli, Rizzoli, Mondadori.

Orbis Onirika” il suo titolo, edito da Gds Edizioni di Iolanda Massa, è il primo volume di una particolare trilogia. È la storia di Gea e Prince, figure elette a simbolo della terra e del sogno che dà origine e principio a tutto.

A noi è toccato il privilegio di redigere la prefazione al testo, scritto introduttivo che oggi vi presentiamo.

Passiamo una vita intera a non porci queste domande, ma sembra che tutti sappiano darsi una risposta non appena comprendono che il loro parere non sarà più utile a nessuno, che il loro destino sta per concludersi”. Così Piergiorgio Meola in un passo del suo “Orbis Onirika”.

Simbologie d’apologo. Scatti etici e mai moralistici. Sensibilità stellare e arcaicamente mitica, vorticosamente “religiosa” e celeste. La città, con le contraddizioni, le fatiche, le incapacitanti voglie di fuga e i tentavi a restare, a combattere, ad esserci. L’identità che turba tra realtà, sogno, verità e menzogna. Sono solo alcuni dei pensieri che questo felice testo di Piergiorgio ispira.

Ispira, genera, suscita: un germoglio di cuore e mente che in un tempo di lettura evidentemente fruttuoso e fertile avvince, avvolgendo chi scorre le sue pagine in un’atmosfera di silente ascolto e di ammirata e anelante attesa per le sorti dell’ordito teso dalla sapiente (e persino sorprendente) penna di Meola.

Un artista, il nostro. Un creativo. Arte e figurazione, testo e teatro: è noto. Persona estremamente versatile, votata ad un’irrinunciabile e poliedrica felicità. Felicità giacché, anche secondo l’etimo, è felice colui che fa, produce, realizza. L’uomo che, come appunto Meola, vive in un esserci fecondo, mai brumoso, mai astioso, sempre sorridente.

Ecco ora anche l’inedito approccio alla narrativa, se così (solo così) può essere definito il suo primo lavoro in tal senso.

L’opera vive infatti di un suo fortunato e ben riuscito ricorso alla retorica dell’alterco tra erratico lettore e statuario testo: chi s’affaccia alle parole di questo scritto deve un po’ tornare da dove è partito, ha bisogno di riflettere, di concepire dubbi e tornare alle origini.

Testo piccolo, eppure lettura non a tutti i costi facilissima. È, questo, il dono delle persone effettivamente capaci: vettori di a loro modo ordinate congetture; autrici di inossidabili discorsi di senso.

Un fare e un dire che rimandano ad un pensiero alto e forte, rigoroso ma senza ridondanti asperità o queruli e rigidi piagnistei.

Sappiamo tutti quanto, proprio in questi tempi, di “pensiero forte” noi tutti si abbia bisogno come il pane, come l’aria.

Viviamo spesso (non sempre: personalmente, odiamo ogni generalizzazione) muniti dell’unico usbergo che né ci salva o difende, né ci rivela come uomini: la superficialità, l’apparenza, l’inane e anaffettiva meschinità del nulla effimero. Piergiorgio, così ricco ma mai vacuamente barocco o ampolloso, ci aiuta in questa ricerca di mirabile qualità: un senso recondito e però anche apparente ed emergente insieme.

Il nocciolo è ponderato, filosofico, essenziale. È un libro che davvero nasce da un sogno di chi poi lo ha intellettivamente cogitato: una storia realisticamente sognata, oniricamente inverata.

«Per me scrivere è sempre stato importante e liberatorio, è come disegnare, cantare, ballare. Scrivere è meraviglioso. E non mi stancherà mai!», dice Piergiorgio libero e spontaneo.

Ecco così raccontata in queste pagine la vita reale di tutti i giorni, al di là delle metafore ben combinate, dei luoghi evocativi, dei nomi simbolici, dei rimandi significanti. Un presente vuoto e troppo pieno al tempo stesso, ossimorico, che divide. Meola ritrae un futuro che è già presente.

«È quello che vedo, quello che vorrei non vedere», ci ha confidato quando gli abbiamo chiesto il dirimente e partoriente “perché” di questa porzione di sé stesa in maniera trasparente sulla pagina e delle proprie paure squadernate forse di fronte alla propria coscienza stessa.

L’operazione di scrittura svela una decostruzione che è già nei fatti tragici del contorno d’attualità.

La verità si racconta nel mentre stesso in cui è. Piergiorgio si scaglia contro le istituzioni del pensiero, della morale, del diritto, della scienza, persino della religione. Lo fa perché convinto della loro ineluttabilità e del loro eterno ritorno, del loro ciclico puntare, minandola, alla divinità assoluta dell’umano.

Condivisibile o meno che sia, questo è un pensiero alto. Un percorso di credibilità intellettuale che ha visto coinvolti pensatori di ogni risma, che qui è inutile citare.

Ecco il ricorso al simbolo: perché il simbolo, intrepretando il parere del nostro autore, invece di unire, come l’etimo anche qui richiederebbe, divide, assumendo sembianze diaboliche.

Questo, si badi, non è però un discorso materialista, esistenzialista-ateo o pessimista contro il sacro. Tutt’altro. Qui si critica e giudica un mondo che ripropone lo stesso plot narrativo e che lascia poco spazio all’autentica creatività dell’uomo.

Di fronte a un mondo così, per Piergiorgio, poco valore ha anche la distruzione. Ritornerà qualcuno a fondare un nuovo mondo su convinzioni apparentemente stabili, eludendo però la voce umana e non ascoltando il bisogno vero dei cuori delle genti e delle belle cose del pianeta.

E invece: “Dovremmo accarezzare il mondo, la natura, i fiori, le pietre, l’aria, il fuoco, l’acqua. Dovremmo lasciare che gli elementi rimangano tali, che conducano la loro vita come hanno sempre fatto. Dovremmo ringraziare il mondo per ospitarci e donarci la possibilità di sorvegliarlo e proteggerlo. Dovremmo fare tante di quelle cose… che non basterebbe semplicemente tornare indietro e cambiare il corso degli eventi. Perché ormai questa terra è pregna di tutto quel che ha subito, che ha dovuto sopportare, guardando silenziosamente tutti gli errori che abbiamo commesso”.

Ma arriva il momento sospeso, buio, inquietante dell’arrivo della verità. Una verità che, pur se dissolta, di nuovo saprà ricompattarsi su di sé e riformulare nuovi sistemi.

Una verità che muore e fa morire, che risorge e rinnova il suo inganno. Ecco il momento: “Ed ora eccoci qui … pronti a sacrificarci in cambio della verità. Sapremo chi siamo veramente, scopriremo perché l’uno è il contatto dell’altra, sapremo se le mie visioni sono un potere di cui possiamo fidarci o solo una trappola inserita nel mio cervello da una mente oscura, scopriremo chi ci voleva morti in quel posto sinistro”.

In quel posto sinistro ci siamo già tutti. È qui che bisognerà, forse, ancora una volta e sempre di più, ripensarci e riesaminarci. La sfida è questa, Piergiorgio lo ricorda a noi tutti.

L’uomo, prima ancora di Dio, lo sa?

giovedì 28 Settembre 2017

(modifica il 28 Giugno 2022, 22:38)

Argomenti

Notifiche
Notifica di
guest
0 Commenti
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti