L’intervista

Vent’anni in versi: speranza e utopia nelle poesie di Michele Giorgio

Mariella Vitucci
Mariella Vitucci
Michele Giorgio
Michele Giorgio @BitontoLive.it
Professore, ex preside, intellettuale, scrittore e pittore. Un impegno civile che prosegue nel dialogo mai interrotto con i giovani  
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Un rivoluzionario disarmato, che fa perno sull’ottimismo della volontà per affrontare ogni tempesta. E di tempeste, nei suoi 82 anni di vita, Michele Giorgio ne ha affrontate e superate tante. Fede salda ma non dogmatica, impegno civile di educatore e intellettuale, per ventuno anni preside del liceo Galilei, scrittore, poeta, pittore… I libri e lo studio come compagni assidui, e un dialogo mai interrotto con i giovani nei quali ripone la speranza irriducibile in un mondo migliore. L’ultimo incontro pochi giorni fa a Palazzo di Città, con gli alunni del “suo” liceo.

Michele Giorgio, sempre impeccabile in giacca, ci accoglie nel salotto della sua bella casa con la moglie Rosa, presenza luminosa al suo fianco, per raccontarsi attraverso le sue poesie: quattro volumi che abbracciano gli anni dal 2002 al 2022. Ne legge alcuni brani, mostra orgoglioso le illustrazioni che impreziosiscono due volumi, opera dei pittori Matteo Masiello e Vito Cotugno. In tutti i versi ricorrono due parole: speranza e utopia, cifra della sua umanità e del suo sentire poetico.

 

“Realtà e utopia tra storia e poesia” è il titolo del primo volume, pubblicato nel 2002 da Mario Adda e illustrato da Masiello, suo amico. Raccoglie poesie scritte fra gli anni ottanta e i primi duemila. «È un libro di storia – esordisce il professore – perché ogni poesia è preceduta da un’introduzione che la inquadra storicamente». Nella premessa, la critica ad un mondo che ha smarrito l’utopia ed è governato da un pragmatismo rampante e dalla ricerca del profitto ad ogni costo. E la chiamata agli intellettuali, affinché recuperino il valore dell’utopia e ne facciano creatrice di senso e collante di valori e ideali con le loro opere, nel solco di capolavori come “La città del sole” di Tommaso Campanella, “Utopia” di Tommaso Moro, “La città felice” di Francesco Patrizi, “La nuova Atlantide” di Francesco Bacone…

Giorgio condanna il diritto del più forte che fa soccombere i meno garantiti, condanna chi si arrende allo scempio dei propri diritti e non si oppone, ed auspica il ritorno agli ideali di fratellanza universale, solidarietà, giustizia e pace.

Spiccano esempi di eroismo come quello di Jan Palach, martire per la libertà della Primavera di Praga, che il 16 gennaio del 1969 si brucia vivo in piazza San Venceslao, contro la censura e l’oppressione del regime sovietico. “E trasformò il suo corpo / in un faro luminoso / di speranza / per i popoli oppressi / e non solo / per i Cechi”.

 

Tre anni dopo, nel 2015, Tabula Fati pubblica “Non mi sconfiggerà la morte”, secondo volume di poesie di Michele Giorgio. Anche stavolta la prefazione è firmata dal professor Daniele Giancane, faro e promotore della poesia. La raccolta vince il primo premio al concorso nazionale “Città di Adelfia” istituito dal professor Rocco Labellarte, compianto filosofo, oratore e poeta.

«Il titolo – racconta Giorgio – mi fu suggerito dal professor Giancane, che si era innamorato della /poesia omonima, che esprime l’eternità dello spirito che non si consuma e sopravvive al corpo».

“Affiderò alla storia / il bisogno di amore / facendomi strumento / di condivisione fraterna / testimone coerente / del Dio provvidenza”.

La poesia come impegno e confessione, riflessione ad alta voce, bilancio e prospettive di vita, sogni che sopravvivono all’amarezza. In copertina un particolare del Giudizio universale di Michelangelo, manifesto del contenuto alto del volume, che lancia ponti di speranza ai giovani: “Giovani affamati / di fede e di scienza / crediamo insieme / nei sogni comuni / Votati all’utopia / cambieremo il mondo” (La forza dei sogni).

“Non è utopia / parlare di speranza / al mondo che dispera” (Non è utopia).

“Sogniamo insieme / un mondo nuovo / Non lasciatemi da solo / a progettare utopie” (Sogniamo insieme).

Ricorre anche la riflessione sofferente sui conflitti che insanguinano il mondo, ancora di tragica attualità. “La Palestina rivendica / la patria negata / Israele difende / la Terra Promessa” (Pace in Medio Oriente). “Non trasformate / il cielo / in pianto di bombe” (Fermate i venti di guerra).

 

Originalissimo – per tematica, scelta stilistica e veste grafica – “L’epopea di un cafone”, terzo volume di poesie di Giorgio, edito da Mario Adda nel 2018 e illustrato da Vito Cotugno. «È un poemetto epico composto nello stile della poesia cavalleresca popolare, perché il cafone per me è un eroe epico e va nobilitato. Quando si dà del cafone a una persona – spiega il professore – è un’offesa nell’accezione moderna, ma il significato originario del termine è stato alterato nel tempo dall’uomo della città. Bisogna recuperare l’etimologia latina da Cafo, centurione al servizio di Marco Antonio che nel 43 a.C. ricevette l’incarico di distribuire ai veterani dell’esercito lotti di terre conquistati nell’agro campano. La mia discendenza da un cafone è diretta, e ne vado fiero: mio nonno Michele era uno zappatore e appena appena sapeva firmare, emigrò in America per tre anni e ritornò con un gruzzolo con cui comprò la casa e un appezzamento di terra. Una piccola fortuna costruita con il sudore della fronte».

L’opera è una fotografia sociale e umana della figura del cafone e di un contesto che sembra lontanissimo: il dialogo e i piccoli bisticci domestici con la moglie, la rabbia per le giornate di pioggia che impediscono il lavoro nei campi, lo scontro generazionale con un figlio a cui ha dato la possibilità di studiare ma che rischia di deragliare, il sindacalismo genuino dei discorsi in piazza su disoccupazione, salari da fame e ingiustizia sociale, il rapporto simbiotico con la terra e la natura…

Il capolavoro è Il cafone a giudizio, che si presenta a san Pietro e al cospetto di Dio per chiedere di essere ammesso in Paradiso: “Se in chiesa non son stato / la mia chiesa era il campo / lì il lavoro sempre ho fatto / sia col sole sia col lampo // T’adoravo Dio buono / nel germoglio del mio grano / lì trovavo spesso il tono / e il valor della tua mano”.

Il cafone, nella sua semplicità disarmata, nel suo attaccamento alla terra e ai valori incrollabili del lavoro e della famiglia, nella poesia di Michele Giorgio diventa simbolo di umanità vera ed eroica, concreta e resiliente.

 

“Percorsi di speranza” è l’ultima raccolta di poesie, pubblicata nel 2022 da Mario Adda. In copertina un dipinto dello stesso autore, che pennella un fiume tra boschi rosseggianti. «Sono versi che nascono dall’analisi introspettiva, è un libro molto complesso che racchiude temi difficili, dalle migrazioni dei popoli al terrorismo, dalle disuguaglianze sociali agli anni bui del Covid, dalla povertà al rispetto della natura. Ma anche speranza di pace, inquietudini, la fede che vacilla di fronte agli orrori quotidiani. L’obiettivo è spingere alla riflessione e investire il lettore della responsabilità di impegnarsi per un mondo migliore».

Il volume si chiude con un autoritratto in versi, Così sono io: “Non sono un vento / che porta tempesta / né sono un duro / che non usa la testa / Non sono un uccello / che rinunzia a volare / né un ottuso / che non vuol ragionare / Sono un uomo / aduso a pensare / e uno storico / che si ostina a cercare / Sono un letterato / che coltiva bellezza / e un maestro / che non vende certezza”.

Quello che so è di non sapere. L’umiltà e il coraggio di continuare a cercare e ad aprirsi alla conoscenza.

«Finché c’è da imparare, c’è vita».

 

sabato 27 Aprile 2024

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