La storia

Dinuccio e Vincenza, 53 anni di matrimonio: «Per noi San Valentino è tutti i giorni»

Mariella Vitucci
Mariella Vitucci
Dinuccio e Vincenza il giorno del matrimonio
Dinuccio e Vincenza il giorno del matrimonio (3 giugno 1971)
Il primo incrocio di sguardi, il fidanzamento, le nozze, la malattia, la fede: il racconto di una vita insieme
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Dinuccio e Vincenza oggi
Dinuccio e Vincenza oggi

“Quella sarà mia moglie”: la promessa fatta agli amici diventa realtà quattro anni dopo.  Leonardo Lonardelli, per tutti Dinuccio, sposa la sua Vincenza Germano il 3 giugno del 1971. I grandi occhi grigio-verdi di quella ragazza a passeggio con le amiche, infastidita dal “ronzio” di un gruppo di giovani del paese attorno a loro, folgorano Dinuccio. «Era la festa del primo maggio – racconta – lei aveva sedici anni e io venti. Facevo il galletto con gli amici, saltellando e scherzando, lei si girò e mi fulminò».

Non era la prima volta. Come per Dante e Beatrice, il primo incrocio di sguardi avviene da bambini. «La vidi fare l’angioletto durante un altarino ad una processione: aveva lunghi capelli castani ondulati e quegli occhi incredibili. Mi innamorai, poi la ritrovai in una processione davanti a me, e ne rimasi di nuovo incantato», ricorda Dinuccio.

Cinquantadue anni di matrimonio, tre figli e una storia d’amore che ha superato molte spine, cementata da rispetto e dedizione. Oggi Dinuccio e Vincenza hanno 77 e 73 anni ma si vogliono bene come nel giorno del “sì”, pronunciato nella parrocchia Maria Santissima Immacolata di Palombaio. Era un giovedì, giornata di riposo del bar di famiglia di Dinuccio, gestito da mamma Carmela e papà Francesco (ex barbiere, da tutti conosciuto come Ciccil d mèst Lanàrd). Il locale di quel bar sul corso della frazione diventerà poi la loro casa coniugale. La dichiarazione avvenne su un sentiero di campagna a 700-800 metri da lì, in un pomeriggio di primavera del 1967. Vincenza era in compagnia di sua cugina Teresa, e Dinuccio le si presentò con il fidanzato di lei, Vincenzo. «Era un incontro preparato, lei era consenziente ma faceva la schizzinosa. Le chiesi: “Vincé, mi vuoi?”. Mi disse di sì. Mi presentai a casa sua, fui accolto con garbo dai genitori Michele e Rosetta. Erano bravissime persone, lui bracciante agricolo e lei casalinga. Si usciva sempre accompagnati, Palombaio era un villaggio di 1200 anime e la notizia del nostro fidanzamento volò subito. Qualcun’altra mi aveva messo gli occhi addosso e rimase delusa», dice Dinuccio. Vincenza gli sta accanto e non nasconde il fastidio, un rimasuglio di gelosia più forte del tempo.

La memoria torna poi agli anni da studente, quando dopo i compiti andava a dare il cambio ai genitori al bar. «Feci anche un anno di università a scienze naturali ma mollai subito, perché non era per me. Poi, il lunedì dei Santi Medici del 1970 – ricorda Dinuccio – presi lavoro alla Sud Sider, una grossa fabbrica di Bitonto che produceva manufatti in acciaio. Zio Antonio Lonardelli lavorava al Comune, dall’ufficio di collocamento chiesero se c’era qualcuno che “sapesse tenere la penna in mano”. Alla Sud Sider cercavano un operaio con diploma, io ero perito tecnico e fui assunto con la quinta categoria di manovale, la più bassa. Ero felicissimo, finalmente avevo un lavoro e potevo sposarmi. Ho lavorato lì per trent’anni, col tempo sono diventato capo macchina di un impianto spianatrice, poi capo turno, capo reparto del settore spianatrici, fino a responsabile della programmazione di tutti gli impianti».

Del giorno del matrimonio ricorda il gran caldo e il ricevimento a Ruvo per cento invitati, ma soprattutto lo splendore di sua moglie: «Era un angelo vestita da sposa, era ed è ancora bellissima. Per me esiste solo lei».

Dalla loro unione sono nati Francesco, Michele e Melita, che hanno regalato loro sei nipoti. Una famiglia molto unita, nonostante il figlio maggiore viva lontano per lavoro: è tenente colonnello dell’esercito a Bologna.

La malattia ha bussato spesso senza invito alla porta di Dinuccio: un rene asportato nel 1985 e la tiroide tre anni fa, un intervento a cuore aperto per l’impianto di tre bypass l’anno scorso, un bruttissimo incidente d’auto da cui è uscito miracolosamente illeso.

«Vincenza – dice – mi è sempre vicina e mi ha sempre dato coraggio. Ha un carattere dolce e non si lamenta mai, io invece sono un po’ antipatico, ma non le ho mai mancato di rispetto».

Dopo la pensione Dinuccio si è avvicinato alla politica: una parentesi di dieci anni come consigliere comunale nelle due amministrazioni dell’amico Nicola Pice. «Ero nei Ds, ma sono un deluso della politica – confessa – anche se sono riuscito a portare la voce di Palombaio in Comune e ad ottenere qualche risultato per la mia frazione: l’allargamento della fogna, la sistemazione di strade e marciapiedi».

La fede e l’impegno in parrocchia sono irrinunciabili per Dinuccio e Vincenza, inossidabile coppia di riferimento per la comunità palmarista. «Non siamo tipi da smancerie e cioccolatini – conclude Dinuccio – per noi San Valentino è tutti i giorni. Spesso ci stringiamo, ogni tanto ci scendono le lacrime per i dispiaceri della vita e ci diamo forza. Non potremmo mai fare a meno l’uno dell’altra».

 

 

mercoledì 14 Febbraio 2024

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