Politica

Raffaele Picciotti: «Al centro con sguardo a sinistra, nel segno della continuità»

Mariella Vitucci
Raffaele Picciotti
Il "professore", coordinatore cittadino pro tempore di Italia in Comune, ribadisce la linea politica: proseguire nel solco dell'ultimo decennio amministrativo
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Raffaele Picciotti è coordinatore cittadino pro tempore di Italia in Comune, il partito del sindaco Michele Abbaticchio che conta in giunta due assessori (Rino Mangini e Gaetano De Palma) e in consiglio comunale quattro rappresentanti: il capogruppo Dino Ciminiello (ex M5S), Maria Grazia Gesualdo, Maria Veronica Visotti e Pino Maiorano.   

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Anche se da quasi nove anni ha lasciato la cattedra di italiano e latino al liceo Galilei, Picciotti resta “il professore”. Accanto all’insegnamento ha sempre coltivato l’impegno politico.

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«La vita – esordisce – è fatta di segmenti, non di linee continue e circolari. Quando ho scelto di andare in pensione avevo già maturato 42 anni di contributi, perché subito dopo la laurea presi la valigia e andai ad insegnare sulle montagne della Bergamasca».

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Segmenti e non linee continue: questo vale anche in politica?

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«Quando 2500 anni fa Roma passò alla Repubblica, i costituenti previdero che le cariche politiche dovessero essere tenute per un anno e la collegialità. E fu così per qualche secolo, prima del Principato e dell’Impero».

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La discontinuità, dunque, è salutare? Anche alla guida di una città? 

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«Se penso che in Parlamento c’è gente che è lì da 40 anni, mi viene l’orticaria. Ma per un sindaco è prevista una permanenza consecutiva in carica molto più breve».

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Dieci anni. Ma si parla di una riforma del Testo unico degli enti locali che consenta un terzo mandato consecutivo anche nei Comuni sopra i 5mila abitanti. È un’ipotesi che le piace?

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«Non mi piace ragionare per ipotesi. Al momento il terzo mandato non c’è, qualora dovesse esserci, se ne parlerà. Le esequie si cantano quando il morto è sul letto (dice in dialetto bitontino, citando un proverbio popolare). Al momento è tutto ancora incerto, perfino la data approssimativa delle elezioni amministrative, che potrebbe slittare all’autunno come fu per le regionali del 2020».

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Non ci giriamo intorno: un Abbaticchio ter sarebbe pensabile?

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«Il toto nomi sul prossimo candidato sindaco è un esercizio molto riduttivo, ma da quando c’è l’elezione diretta dei sindaci è inevitabile. Italia in Comune si sta sforzando di portare il confronto pre elettorale sul terreno dei programmi e sulle convergenze politiche. In consiglio comunale è il partito di maggioranza relativa, risultante dell’esperienza civica di varie liste, tra cui Progetto Comune Viviamo la Città di cui ero il referente, che prese 2800 voti ed espresse due consiglieri. Pian piano si decise di aderire al progetto di Italia in Comune lanciato dal sindaco di Parma Fizzarotti, di cui Abbaticchio è vice coordinatore nazionale. Il partito ebbe un discreto successo elettorale in Puglia alle ultime europee, ribadito poi alla tornata delle ultime regionali, dove non ha raggiunto il quorum per l’ingresso in consiglio solo per lo 0,1%. Ora Italia in Comune è alla ricerca di una strada nazionale verso il centrismo, con lo sguardo a sinistra».

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Un centro sempre più affollato, dove tutti sembrano convergere pur partendo da sinistra o da destra…

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«Ho la memoria storica per ricordare che siamo tutti figli o nipoti della Democrazia Cristiana. Ricordo e rimpiango la figura di Aldo Moro. Lo incontrai nel 1970 a Roma, al Foro Italico, durante la gita scolastica del terzo liceo classico. Ci chiese da dove venissimo e si fermò molto cordialmente a salutarci. Una figura di altissimo profilo, come quella del rinnovato presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, anche lui ex Dc. I democristiani non muoiono mai».

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Lei è militante politico di lungo corso. Il civismo può essere davvero una via d’uscita dalla crisi dei partiti?

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«Vengo dall’esperienza civica d’impegno diretto, ma l’esperienza civica ha il respiro corto perché non può travalicare le mura cittadine. La crisi dei partiti non è di oggi, viene da molto lontano».

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A Bitonto vede fattibile una coalizione compatta di centrosinistra?

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«Venendo alle “baruffe  chiozzotte” (per scomodare Goldoni) delle amministrative, la nostra missione – lo ribadisco – è ricercare un’aggregazione al centro con sguardo a sinistra. Le location geometriche centro, sinistra e destra nel 2022 non reggono più. In realtà vacillano già dal berlusconismo, quindi da quasi trent’anni. Oggi restano salvi alcuni valori della sinistra – progressismo, ambientalismo, socialismo liberale – ma i confini sono sempre meno netti. A Bitonto il centrosinistra non esiste più dal 1993, da quando fu introdotta l’elezione diretta dei sindaci e la coalizione di sinistra elesse un sindaco stimabile e stimato, Umberto Kühtz. Ne uscì sconfitto il fronte progressista guidato dagli ex comunisti, e persero anche i popolari di cui facevo parte, che confluirono poi nell’Ulivo e costituirono la base ulivista del centrosinistra che nel 1998 portò all’elezione a sindaco di Nicola Pice. Ma le crepe nelle compagini che per dieci anni l’hanno sostenuto si fecero via via più profonde, e solo l’autorevolezza e il carisma di Pice fecero da collante. Questo clima portò poi nel 2008 all’elezione di un sindaco di centrodestra, Raffaele Valla. Quindi il centrosinistra, per tornare ad oggi, non l’ha certo rovinato Michele Abbaticchio. Il vaso era già rotto, e i cocci rimessi insieme non reggono se non si trovano altri denominatori comuni».

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Quali sono questi denominatori comuni?

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«I bisogni della gente. Non si può andare dietro alle sigle, soprattutto ora, dopo due anni di pandemia. E mi fa sorridere la critica di “verticismo” mossa ad Abbaticchio, perché la collegialità è stata un tratto distintivo di questa amministratore. Abbiamo fatto riunioni online anche per decidere le misure a sostegno delle categorie colpite dalla crisi economica dovuta al Covid. Negli ultimi dieci anni Bitonto è stata amministrata con una guida non accentratrice ma centripeta. Si è creato un nuovo humus politico, e non si può pretendere che, finito il governo Abbaticchio, si archivi e si distrugga tutto quello che è stato costruito. Abbaticchio ha sapuito aggregare il patrimonio delle civiche, intorno a lui ci sono varie realtà solide e non c’è gente con le valigie in mano, come auspicano i detrattori. Si mettano l’animo in pace, perché le valigie le faremo solo per andare a fare un bel viaggio, tutti insieme, sullo stesso pullman».

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E chi lo guiderà, questo pullman?

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«Il nuovo sindaco, che sarà espressione di tutte le forze che sostengono Michele Abbaticchio. Invitiamo a salire sul pullman tutte le forze politiche che si riconoscono nel nostro modo di amministrare la città, e ribadiamo il principio dell’autodeterminazione locale: nessuna ingerenza sovralocale nella scelta del candidato sindaco, nella maniera più assoluta».

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Non ha proprio nulla da rimproverare ad Abbaticchio come sindaco?

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«Il mio giudizio su Abbaticchio sindaco è estremamente positivo, e la continuità politica amministrativa non si discute: questi dieci anni vanno consolidati nei punti di forza, migliorando le criticità».

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Quindi qualche criticità c’è stata?

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«Da professore, sono abituato a pensare al programma politico non come a qualcosa di cristallizzato ma in divenire, preferisco parlare di programmazione. In politica si fanno verifiche e aggiustamenti, a seconda delle necessità. Fare il sindaco comporta una responsabilità enorme, assegnata direttamente dai cittadini. Non si possono più accettare i tira giacchetta dei partiti, i tempi decisionali sono strettissimi. E la collegialità che ho vissuto con Abbaticchio – lo dico con onestà assoluta – è la stessa che ho vissuto nell’amministrazione Pice, prima come segretario e poi come capogruppo della Margherita».  

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Il Pd locale ha assunto il ruolo di “regista” in questa fase pre elelttorale, per tentare di formare una coalizione di centrosinistra. Ma Italia in Comune non ha risposto con entusiasmo alle chiamate del Partito Democratico cittadino, perché?

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«Il Pd fa parte di questa amministrazione. Ci è entrato in corsa, perché era all’opposizione. In maggioranza c’era Città Democratica con Francesco Brandi, attuale segretario cittadino del Partito Democratico. E questo sviluppo è stato avallato dal sindaco Abbaticchio, per allargare la maggioranza al Pd. Io per primo ho lavorato in questa direzione. Da circa un anno il Pd si siede al tavolo per la futura coalizione, poi nell’autunno scorso Brandi ha deciso di alzarsi da questo tavolo per andare a verificare con altre forze la possibilità di trovare altre convergenze, e poi di riunire i due tavoli facendo da cerniera. Non c’è da parte nostra alcuna preclusione ad allargare questo tavolo per la futura coalizione, purché non si prescinda dalla continuità politico amministrativa».

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Continuità: è proprio questo il tasto dolente?

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«La pretesa “discontinuità” non ci piace, perché finora abbiamo ben governato e su questa strada si deve proseguire. Facendo memoria degli errori del passato, dopo Pice perdemmo perché non sapemmo far lievitare quello che di buono era stato realizzato. Il cambiamento fine a se stesso non ha senso e non porta frutto. Noi siamo per la continuità, per consolidare quanto è stato costruito in questi dieci anni. Ed è tanto. Voglio ricordare, tanto per fare un esempio, che dopo più di trent’anni a Bitonto è stato bandito un concorso pubblico per quattro posti. Come Cicerone, faccio appello al “consensus omnium bonorum virorum”, all’aggregazione fra tutti gli uomini di buona volontà che hanno a cuore le sorti di Bitonto. Le liste camminano sulle gambe degli uomini, e il coinvolgimento di quegli uomini, di quelle forze positive, bisogna ricercare».  

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domenica 6 Febbraio 2022

(modifica il 4 Luglio 2022, 17:03)

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Pino
Pino
2 anni fa

Ottimo. Guardiamo alla nascente cosa di centro a livello nazionale sui cui sta lavorando il più intelligente politico italiano. Senza pregiudizi e luoghi comuni tanto cari alla sinistra tradizionale di D'Alema Bersani et company