Un ciclista che muore è un piccolo eroe della pedivella che vede infrangere il sogno bambino del suo cuore.
rnUn muro, grigio e maledetto, ne ha spezzato le ali.
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rnWouter Weylandt non era propriamente un gregario, ma, forse, qualcosa di più, nel senso che, quando non gareggiavano gli sprinter big della sua squadra, era lui a sfrecciare nei metri finali delle corse.
rnIl Giro delle Fiandre ha il suo nome iscritto nell’albo d’oro.
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rnEppoi, la sua cabala triste.
rn"Pensa un po’, giusto un anno fa, il ragazzo aveva vinto una tappa al Giro e una settimana dopo era qui, a Bitonto", la voce affranta è di Mimì Pantaleo, segretario particolare del sindaco Raffaele Valla e, soprattutto, ex dirigente regionale e nazionale della Federciclismo.
rnSe la città si tinse di rosa, dodici mesi fa, è stato massime per merito suo.
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rnE’ addolorato Mimì, perchè, uno che ne ha conosciuto tanti di corridori (dal bitontino Michele Paparella, re delle volate, all’amato Marco Pantani, il poeta grimpeur), gli basta guardarli negli occhi per condividerne davvero il sacrificio di una corsa che non vuol finire mai. Oppure la sofferenza che nasce da un dramma così grande.
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rn"La sportivissima cittadinanza di Bitonto partecipa con affetto profondo e commossa vicinanza al dolore che ha colpito la carovana del Giro d’Italia per la scomparsa del giovane ciclista belga, Wouter Weylandt". Poche, ma sentite e significative parole nel testo del telegramma inviato all’amico Angelo Zomegnan, patron della Rcs.
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rnOra, una nuvoletta coi pedali è lì che solca il cielo, scalando l’azzurro e volando verso l’infinito,da ieri pomeriggio.
rnE c’è una bimba, quaggiù, nel grembo d’una madre che vivrà protetto da quella nuvoletta.
rnPer sempre…
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rnMario Sicolo
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