Attualità

Da industriale bellico a sminatore, Fontana: «L’incontro con Gino Strada mi ha smosso la coscienza»

Marco Lovero
"Il successore" al teatro Traetta
Dopo la proiezione del film documentario "Il successore" al Traetta, l'ingegnere racconta la sua crisi esistenziale
scrivi un commento 52

«Qualcuno ha cominciato a mandarci scatole per calzature, ma contenevano una scarpa sola. Andò avanti per settimane. Una scatola, poi dieci, poi cento». È così che inizia “Il Successore”, film autobiografico che narra dell’esperienza come sminatore in Bosnia del pugliese Vito Alfieri Fontana, ingegnere ed ex proprietario della Tecnovar, azienda specializzata nella progettazione e vendita di mine antiuomo.

L’ingegner Fontana, martedì sera al teatro Traetta di Bitonto per la proiezione del film documentario diretto da Mattia Epifani, intervistato dal giornalista Mario Sicolo si è aperto al pubblico bitontino, ripercorrendo i suoi anni alla Tecnovar come “buon erede” fino alla sua crisi morale e al rifiuto di continuare a progettare e commerciare armi.

Tappe fondamentali ed inesauribili fonti di riflessione, in questo percorso, sono il dialogo con il figlio che, scoprendo casualmente il lavoro del padre, esclamò: «Ma allora sei un assassino!» il contatto avvenuto nel 1993 con l’allora vescovo don Tonino Bello, desideroso di trovare un punto d’incontro (impegno mantenuto anche dopo la morte di quest’ultimo grazie al presidente di Pax Christi Italia); la chiamata inaspettata di Gino Strada. Fu proprio questo appello del fondatore di Emergency a smuovere definitivamente la coscienza di Fontana che, pur essendo in regola dal punto di vista della legge, avvertiva quel lavoro come ingiusto.

È da questa crisi che nasce l’esigenza di un viaggio esistenziale nell’ex Jugoslavia, in particolare in Bosnia Erzegovina, dove ricoprirà il ruolo di sminatore fino al 2017, servendosi anche dell’esperienza ottenuta in passato tramite la Tecnovar.

Eppure, nonostante le moltissime mine disinnescate senza riportare alcun ferito, rimane ancora un rimorso: non aver fatto abbastanza.

A BitontoLive l’ingegner Fontana racconta dell’episodio con suo figlio. C’è un parallelismo con “Finché c’è guerra c’è speranza”, film del 1974 in cui viene narrata la vita di Pietro Chiocca (interpretato da Alberto Sordi), un mercante d’armi che cerca di soddisfare i desideri sempre più costosi della sua famiglia, ignara dell’origine di tanto benessere. Nel finale, la famiglia Chiocca scopre il lavoro del capofamiglia, manifestando disappunto e disprezzo; ma, alla proposta di Pietro di tornare al suo vecchio e onesto lavoro che però comporta la rinuncia all’altissimo tenore di vita, i familiari preferiscono ignorare l'origine dei guadagni del capofamiglia.

 

Quanta verità c’è nel film?

«“Finché c’è guerra c’è speranza” è un’opera dotata di straordinario realismo. Temi cardine sono il denaro e l’avidità che prevalgono sulla morale, tutto sulla pelle dei più deboli, i civili. Eppure non bisogna stupirsi di questa scelta, il mercante d’armi è un lavoro estremamente redditizio e dai molteplici interessi economici. Io stesso, dopo aver chiuso la Tecnovar, ho dovuto ridimensionare le mie abitudini di dieci volte».

 

Non possiamo fare a meno di pensare ad un altro conflitto, quello fra Russia e Ucraina. In che modo danneggerà i più deboli? Quali ripercussioni ci saranno?

«Nonostante la guerra sia scoppiata da solo un mese i danni al territorio ucraino sono enormi, basti pensare che la bonifica da eventuali ordigni impiegherà quindici anni per essere completata. Altri problemi, certo non di minore importanza, riguardano i beni di prima necessità e la fornitura di elettricità per accogliere e supportare sia i profughi, sia gli ucraini che, a fine conflitto, torneranno ad abitare nelle loro case, con la speranza che il conflitto non causi ulteriori danni alla popolazione civile».

giovedì 31 Marzo 2022

(modifica il 4 Luglio 2022, 16:47)

Argomenti

Notifiche
Notifica di
guest
0 Commenti
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti