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Luca Matera (Psi): «Tiriamo una linea e costruiamo qualcosa di nuovo»

Mariella Vitucci
Luca Matera
L'analisi politica del segretario cittadino del partito del garofano rosso, partendo dalla "collettivizzazione" delle idee
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Il fuoco sotto la cenere: quando mancano due mesi o poco più alle amministrative, le manovre pre elettorali continuano a carte coperte. Un’alleanza, però, è stata ufficializzata tre giorni fa: quella fra CON, I Riformisti-Fronte del Lavoro, Italia Popolare-Rete Civica, PSI Partito Socialista Italiano, Sud al Centro, Bitonto Cambia, che hanno presentato un manifesto aperto alla condivisione di altre forze politiche.  

Tra i protagonisti di quest’accordo c’è un pezzo storico della sinistra bitontina, il partito del garofano rosso che da quattro anni ha come segretario cittadino Luca Matera. 41 anni, direttore di banca, cresciuto a pane e socialismo, racconta a BitontoLive l’iter che ha portato a quest’alleanza.

«Tutti noi – ricorda – abbiamo partecipato agli incontri convocati dal Pd per riunificare il centrosinistra. Ad un certo punto però si è creata una spaccatura, quando Iniziativa Democratica ha convocato un tavolo dal quale ha escluso noi del Psi, i Riformisti e Sud al Centro. Questo avveniva il 13 dicembre».

 

Perché questa esclusione? Alle scorse amministrative il Psi sostenne la candidatura a sindaco di Lillino Sannicandro, ora consigliere Id. Quand’è che i rapporti si sono guastati?

«Noi, insieme a Pd, Governare il futuro, Insieme per la città, Sinistra Italiana e Laboratorio, rispettammo l’esito delle primarie e sostenemmo Sannicandro. All’indomani delle elezioni si avviò la consigliatura che ci vedeva all’opposizione. Poi abbiamo perso il Pd che è passato in maggioranza e, a cascata, tra fine 2018 e inizio 2019, anche gli altri alleati della sinistra di minoranza sono passati dall’altra parte, e all’opposizione sono rimasti soltanto il nostro Franco Scauro e Franco Natilla, che hanno dato vita al gruppo dei Riformisti a cui ha aderito poi Lisa Nuzzo. Questa è storia».

 

Il Psi continua a partecipare al tavolo del centrosinistra condotto dal Pd?

«Continuiamo a dialogare e a partecipare agli incontri. Il manifesto politico che abbiamo condiviso con i Riformisti-Fronte del Lavoro, Italia Popolare-Rete Civica, CON, Sud al Centro e Bitonto Cambia, è aperto a nuove adesioni. Nei nostri interventi, tutti all’unisono, abbiamo sempre ribadito che il percorso avviato dal Pd dev’essere inclusivo. Altri hanno preferito chiudere, escludere. Ma noi crediamo nella costruzione di una coalizione larga e plurale».

 

Si vocifera di spaccature sui nomi dei candidati sindaci. È così?

«Al momento non si sono candidature ufficiali, ed io sono abituato a ignorare i pettegolezzi politici finché i nomi non sono scritti su un foglio, nero su bianco».

 

Bitonto è una piazza importante. Stanno arrivando pressioni da Bari?

«Bitonto è una piazza importante e non può essere quartiere di Bari. Paga già un impoverimento culturale e ha bisogno di ritrovare la propria identità anche politica. Rimpiango i tempi, non lontanissimi, del grande fermento della politica giovanile a Bitonto. Un movimento di cui ho fatto parte e che si è estinto».

 

Qual è la nuova amministrazione che immaginate per la città?

«Un’amministrazione che abbia esclusivo interesse a prendersi cura di Bitonto e delle frazioni a tempo pieno, che compia uno sforzo quotidiano di democrazia in tutte le scelte, coinvolgendo anche chi è fuori da palazzo, facendo da cerniera fra le diverse istanze di questa città. C’è bisogno di collettivizzare le idee, è uno sforzo che richiede fatica e che contrasta con la pigrizia che c’è in giro, ma è necessario. Anche il dissenso non va soffocato ma governato, per considerare il punto di vista di tutti e capire se può essere utile. Bitonto ha bisogno di questo esercizio democratico. Un’opposizione ridotta a tre-quattro consiglieri è inconcepibile».

 

È una bocciatura dell’amministrazione uscente?

«Non c’è da schierarsi rispetto all’amministrazione uscente. Un decennio si sta concludendo, tiriamo una linea e costruiamo qualcosa di nuovo e di diverso».

 

C’è qualcosa che “salva” dell’amministrazione Abbaticchio?

«La gestione dei servizi sociali dal 2012 al 2016, con Franco Scauro come assessore. E la salvo non per questione di campanile ma perché in quegli anni sono stati adottati alcuni provvedimenti importanti, come il regolamento per l’accesso ai servii sociali o i buoni spesa che sono nati prima del Covid, dalle idee condivise in sezione tra “compagni”».

 

“Compagni”: non è un termine desueto? Ha ancora un senso in un’epoca di smantellamento delle ideologie?

«Certo che ha senso. Nelle parole c’è il senso delle idee, e le idee sono per me un valore irrinunciabile. Indro Montanelli, che non era un comunista né l’uomo della strada, diceva che senza un punto di vista non si può raccontare il mondo. Io non ho paura di dire che ho un’idea e la metto a servizio della comunità, che sia un condominio o una città da amministrare».

 

Mentre molti convergono verso il centrismo e il civismo, il Psi resta attaccato al simbolo. Perché?

«In quel simbolo c’è la nostra identità. È vero che sono caduti gli steccati ideologici che hanno fatto grande l’Italia, ma i valori fondamentali del Psi non possono venire meno. Il Quarto Stato che ho da sempre come mia foto profilo social non è un vezzo. In quel dipinto di Pellizza da Volpedo c’è tutta la mia formazione, c’è il mio credo politico. L’Italia ha bisogno di socialismo vero, di riformismo. La società va in una determinata strada e la politica che amministra deve prendere atto del cambiamento e governarlo. È faticoso e richiede una presenza costante, ma non c’è altra via per amministrare bene che ascoltare, mediare e assumersi il proprio pezzo di responsabilità. E l’ascolto di tutte le forze sociali e produttive si fa per strada, nel Palazzo bisogna starci solo per firmare le carte che concretizzano le scelte, ma a monte ci dev’essere un processo di vera partecipazione».

 

C’è stato un difetto di partecipazione negli ultimi dieci anni?

«Se vuoi amministrare una città devi stare per strada, solo così puoi capire quello che sta accadendo e i problemi da risolvere, come l’inciviltà spicciola quotidiana. Mancano i vigili urbani, ma che fine ha fatto il concorso bandito una decina di anni fa? O la debolezza della macchina amministrativa: ci sono uffici che lavorano benissimo nonostante la scarsità di risorse umane, ma è solo per la buona volontà delle persone, perché le forze in campo sono insufficienti e vanno potenziate. Anche la gestione dell’ambiente e del verde va rivista completamente: su questo abbiamo alcune idee chiare che metteremo a disposizione in campagna elettorale, perché siamo convinti che potranno avere riverberi positivi concreti e immediati».

 

Perché non avete “collettivizzato” queste proposte con l’amministrazione Abbaticchio?

«Siamo stati in maggioranza fino al 2016 e, quando venivamo convocati, ci siamo sempre stati. Dopo è mancato il confronto, ma al punto in cui siamo non interessa capire perché e per colpa di chi. Mettiamo un punto e andiamo a capo».

 

Ha parlato di impoverimento della cultura. Che cosa intende?

«Intendo, ad esempio, che non c’è ancora una rete tra i principali attrattori culturali della città: il Torrione, la Cattedrale, la Galleria Devanna… Ammesso che siano aperti, non c’è un biglietto unico che consenta di visitarli. A Siena, che ha 54mila abitanti, più o meno quanto Bitonto, quattro anni fa con biglietto di 15 euro visitai i gioielli della città. A Bitonto questo è impossibile, e se un turista arriva non sa a chi rivolgersi per avere informazioni. L’estate scorsa vennero qui da Milano i genitori della compagna di mio fratello, e ho avuto difficoltà a trovare qualcuno che li guidasse a visitare la Cattedrale. Come pensiamo che questa città possa crescere e avere un’identità se non investiamo sull’accoglienza ai turisti?».

 

Il Partito Socialista Italiano in Parlamento è rappresentato oggi solo da un senatore e da un deputato. Anche a Bitonto il suo seguito è andato via via riducendosi. Crede che abbia ancora un appeal elettorale? 

«Credo nelle persone che si riconoscono nel nostro simbolo, persone di cui conosco le facce e le storie perché le incontro costantemente. Sento la responsabilità politica verso la comunità che ci segue, sento di dover custodire un certo metodo di fare politica basato sul confronto. Ho due lauree: una in economia e commercio, l’altra presa per strada. In via 4 novembre 13 c’è la nostra sede da quasi trent’anni, ed è la mia terza casa dopo la famiglia e il lavoro. Continuiamo a vederci, a ragionare, ad articolare pensieri collettivi. Io ho l’ansia della partecipazione e voglio sentire il punto di vista di tutti. Non posso pensare alla mia vita senza la politica. Sono per strada da quando avevo undici anni, e questo mio modo di essere, prima ancora che nel partito, l’ho maturato negli scout. Mio padre (l’ex consigliere e assessore comunale Psi Franco Matera, ndr) mi portava con sé negli incontri e nei congressi di partito. La sezione è una parte imprescindibile della mia vita».

 

Chi la frequenta? C’è un ricambio generazionale?

«La sezione ha come componente fondamentale i giovani. Nell’estate 2020 si presentò un ragazzo che aveva finito la terza media e si proclamò socialista, da allora è entrato nel partito e partecipa ai nostri incontri. Vederci e confrontarci è essenziale per noi, se alla comunicazione togli prossemica mimica e toni della voce, l’hai sterilizzata. Quando comunico con un “compagno” ho bisogno del confronto fisico, durante la pandemia abbiamo avuto grosse difficoltà ad usare gli strumenti elettronici».

 

Torniamo alle prossime amministrative. Un pronostico sul risultato?

«Non faccio pronostici senza conoscere le squadre in campo. Ma di sicuro il Psi giocherà questa partita».

 

domenica 27 Marzo 2022

(modifica il 4 Luglio 2022, 16:48)

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